Il pluralismo culturale e religioso in Russia: il fondamento e le prospettive del conflitto e dell’unità.
di Sergej Filatov
La pacifica convivenza dei vari popoli che conservano le proprie particolarità culturali nella Russia odierna è la conseguenza della politica pensata dal regime sovietico e dalla politica federalistica successiva da parte di El’cin. V. Lenin ed i suoi aiutanti fecero grande attenzione al soddisfacimento degli interessi delle minoranze nazionali. La decisione sulla creazione delle autonomie nazionali (repubbliche autonome e distretti) nelle regioni in cui vivevano compattamente le minoranze nazionali fu la più importante e che ha conservato il suo significato per il periodo sia sovietico sia il post sovietico. Sul territorio delle autonomie fu attuata una politica di sostegno statale delle lingue e delle culture nazionali, ed i rappresentanti dell’etnos titolare ricevevano diritti prioritari nella formazione dell’élite politica e culturale. Col tempo questa élite ha messo le radici ed è divenuta l’unica effettiva élite dell’etnos.
Lo sviluppo della cultura nazionale era sostenuto nei limiti strettamente delineati della variante specificamente sovietica che serviva all’avvicinamento di queste culture alla mentalità russo sovietica. Per i popoli asiatici questa forma sovietica di sviluppo delle culture nazionali, come mostrano gli avvenimenti degli ultimi anni, rappresentò (di cui i suoi costruttori evidentemente, persino non ci pensavano) una forma mascherata di europeizzazione, La edificazione culturale e politica dell’essenza nazionale delle minoranze nazionali nelle autonomie si realizzava in una rigida corrispondenza con il progetto dato. In rapporto ai movimenti nazionalisti che uscivano dai confini della “autodeterminazione culturale” permessa erano condotte repressioni ferocissime.
La religiosità nazionale era estirpata con ancora maggiore consequenzialità dell’ortodossia fra i russi. E, come per i russi, dopo la guerra, furono create associazioni religiose legali delle religioni tradizionali, mussulmane e buddiste con un numero microscopico di comunità sotto il controllo del potere.
In seguito a questa politica i comunisti ottennero un alto grado di ateismo dei popoli musulmani (essi ottennero un insuccesso relativo solo nel Dagestan, Cecenia e Ingušetija) e buddisti. La scuola sovietica e la propaganda sovietica avvicinarono fortemente la coscienza culturale e politica dei popoli asiatici alla coscienza del popolo russo. Assai meno confortevole era la posizione dei rappresentanti delle minoranze nazionali che vivevano fuori dei confini delle loro autonomie nazionali. Fuori dei confini delle autonomie create dopo la rivoluzione gli istituti culturali ed educativi delle minoranze nazionali furono liquidati alla fine degli anni Trenta, in rapporto agli etnos oltre i confini delle autonomie si attuava la politica dell’assimilazione.
In una misura ancora maggiore questo riguarda i popoli che non avevano le proprie autonomie. Persino come i popoli assai numerosi – i tedeschi russi, gli ebrei, i polacchi, i greci, i finnici dell’Ingermanladia, gli assiri, etc. Come si vede da questa enumerazione fra questi popoli la maggioranza era composta da etnos che nella loro concezione del mondo erano tendenti all’identificazione coi valori culturali e politici occidentali. Lo stato sovietico era in fase di guerra fredda con l’Occidente. Perciò non era teso a soddisfare gli interessi nazionali degli etnos in cui vedeva una “quinta colonna” potenziale delle democrazie europee. In rapporto alle religioni tradizionali di questi popoli le repressioni erano più dure. I tedeschi ed i finnici luterani, ad esempio, poterono ottenere negli anni ‘70-‘80 uno status legale o semilegale di alcune comunità per tutta la Russia in seguito ad una lotta lunga e tenace. Ancora più duramente le autorità contrastarono i tentativi di resuscitare la vita ecclesiastica cattolica.
Il crollo del comunismo e la disgregazione dell’URSS contribuì allo sviluppo del nazionalismo russo.
La coscienza sociale lesa dopo la scomparsa del possente stato ed il fallimento dei primi tentativi di edificare uno stato di diritto e una economia efficiente trovò naturalmente una compensazione ideale e morale nell’esaltazione della “via russa” peculiare, della “cultura e spiritualità russa unica”. Un significato cardine per la coscienza russa postsovietica acquistò l’autorità dell’ortodossia. Inoltre, proprio l’autorità della fede, e non la stessa fede ortodossa.
Tutte le inchieste sociologiche degli ultimi quindici anni fissano l’iniziale, veloce crescita, e poi l’alto livello stabile di autorità della COR (Chiesa Ortodossa Russa), che è diventato l’istituto più rispettato nella società russa, e l’ortodossia come autoidentificazione dei russi. Negli ultimi anni più dell’80% dei russi si considerano ortodossi. Nello stesso tempo il numero dei credenti realmente praticanti dall’inizio degli anni ’90 non cresce e si è stabilizzato al livello (a seconda della severità dei criteri) sul 5-10%.
Analogamente ai rapporti del popolo russo con la sua chiesa “nazionale” si sviluppano anche i rapporti delle minoranze nazionali che tradizionalmente non professano l’ortodossia, ma altre fedi, con le proprie religioni..
Dopo il 1991 quando crollarono sia l’ideologia comunista (meglio, i suoi surrogati e residui, perché a quel tempo non esisteva più di per sé), sia lo stato sovietico che garantiva la stabilità psicologica, ideale e sociale non solo ai russi, ma anche ai cittadini di altre nazionalità, persone alla ricerca della propria identità si rivolsero alle proprie radici etniche. A differenza dei russi il cui nazionalismo si sviluppò dopo il 1991 lentamente e pigramente, altri popoli della Russia sperimentarono l’esplosione della “rinascita nazionale”.
Le ideologie della “rinascita nazionale” abbracciarono tutti gli etnos della Russia, e quasi per ognuno di loro è diventata una delle componenti della rinascita nazionale. Negli anni Novanta il debole regime di El’cin in pratica non contrastò i movimenti nazionalisti e separatisti (la Cecenia è l’unica eccezione) nelle regioni che poterono ampliare notevolmente i loro diritti. Le élites culturali e politiche che si conservavano dai tempi sovietici, soddisfecero i loro appetiti. In piena analogia con la condotta del potere centrale moscovita e delle autorità delle regioni russe, i leaders delle repubbliche nazionali sostengono la propria “religione nazionale” e cercano di sostenersi su di essa, la Tataria, Baškirija, le repubbliche del Caucaso settentrionale sull’islam, la Kalmykija e Tannutuva sul buddismo. I movimenti nazionali e le élites nazionali nella loro ideologia hanno iniziato a basarsi e sostenere le religioni tradizionali dei loro popoli. I movimenti nazionalisti radicali non hanno potuto assumere un carattere di massa, e più tardi furono emarginati dalla vita politica e sociale attiva dai regimi locali nazionali (di solito autoritari). La rinascita della religiosità tradizionale non ha acquistato presso la maggioranza dei popoli un carattere di massa. Come mostrano le inchieste sociologiche, la bassa religiosità istituzionale “tradizionale” è un destino non solo dei russi; la ricerca del sociologo di Kazan Rosalinda Musina, ad esempio, ha messo in luce lo stesso 4% dei credenti praticanti (nel caso dato musulmani) fra i tatari cittadini della repubblica del Tatarstan. Numerose ricerche mostrano un incredibile eclettismo e inoltre l’onnivoracità della coscienza religiosa contemporanea dei rappresentanti della maggior parte, se non di tutti, i popoli della Russia. Se si parla della religiosità tradizionale più coerente, questa è dei soli popoli della Cecenia e Dagestan, ma da loro è notevolmente minore in rapporto della religiosità dei turchi e egiziani. I musulmani praticanti (eccetto il Dagestan, la Cecenia e l’Ingušetija) e buddisti sono press’a poco gli stessi dei russi ortodossi (non più del 10-15%). La maggioranza dei rappresentanti delle minoranze nazionali dichiarano la propria appartenenza alla fede tradizionale degli avi, ma non la praticano e non ne condividono le dottrine. Nondimeno per loro il riconoscimento della autocoscienza etnica del loro essere musulmani o buddisti ha un grande significato ideologico.
L’autorità russa ha riconosciuto legalmente il particolare status delle “religioni tradizionali” indicando nel preambolo della legge sulla libertà di coscienza e sulle associazioni religiose del 1997 sul riconoscimento di “una funzione particolare dell’ortodossia nella storia della Russia, nel divenire della sua spiritualità e cultura; rispettando il cristianesimo, l’islam, il buddismo, il giudaismo”. Questa dichiarazione legislativa ha oggi un significato reale per due religioni: ortodossia e islam. Il giudaismo in Russia è poco numeroso e i suoi diritti sono difesi non da una dichiarazione legislativa ma dalla unità e influenza della comunità ebraica. Il buddismo come “religione tradizionale” (e la protezione legislativa lo riconosce solo in questo aspetto) è presente solo in tre repubbliche periferiche poco numerose dove le autorità locali anche senza la legge federale gli hanno garantito la protezione. Ma per la COR e le comunità islamiche – sede di Mufti, questa speciale distinzione della legge è diventata non solo una conferma della situazione determinatasi delle cose, ma anche un mezzo per la difesa dei propri interessi e della lotta per ottenere privilegi. A pieno diritto lo status “tradizionale” garantiva gli interessi della COR. Dopo l’approvazione della legge del 1997 i precedenti casi singoli di attribuzione di mezzi del bilancio per i bisogni della COR, del diritto esclusivo di realizzare la propria missione nell’esercito, nelle carceri, istituti di istruzione e di altre istituzioni statali diventa una pratica generalizzata. La fedeltà all’ortodossia diventa parte della retorica ufficiale.
La condizione dei musulmani si forma in modo contraddittorio. Sia lo stato della comunità islamica in Russia, sia il rapporto verso di lei della società circostante non le permettono di diventare in piena misura parte del sistema sociale, scritto nei confini della “religione tradizionale”, posti dalle autorità post sovietiche e dall’opinione pubblica. Nel 2005 in Russia esistono tre unioni ufficiali di Mufti che rappresentano il cosiddetto “islam tradizionale: la direzione spirituale centrale dei musulmani della Russia (CDUMR) diretta dal Mufti capo Talgat Tadžuddin, il Consiglio dei Mufti della Russia diretto da Ravil Gajnutdin e il Centro di coordinamento dei musulmani del Caucaso settentrionale (KCMSK) diretto da Izmail Berdiev. La prime due organizzazioni in concorrenza fra loro uniscono i musulmani della Russia che vivono fuori dal Caucaso Settentrionale. In esse i tatari sono la maggioranza e dominano la direzione. Nel KCMSK sono uniti i mufti ufficiali dei musulmani del Caucaso Settentrionale. La direzione di queste organizzazioni accetta del tutto le regole del gioco fornite dalle autorità federali e regionali. Essi intervengono nella funzione di conservatori dei valori spirituali nazionali tradizionali e sono pienamente leali alle autorità. Nel Caucaso del Nord essi sono pienamente sotto il loro controllo, tutte le decisioni significative e le nomine dei quadri ricevono l’approvazione delle amministrazioni delle repubbliche locali. Le autorità federali forniscono notevole sostegno a queste associazioni e danno la possibilità di realizzare la propria missione, ad esempio, nelle carceri, giardini d’infanzia e ospedali. Tuttavia, i mufti ufficiali non sono in grado di sottomettere del tutto la vita religiosa dei musulmani. E all’interno delle direzioni del Mufti e fuori sorgono movimenti dissidenti, che respingono sia la lealtà alle autorità sia la funzione assegnata di “conservatori della spiritualità nazionale”. E’ perfettamente naturale che la maggiore attenzione in questa dissidenza l’opinione pubblica la rivolge al terrorismo islamico e alle altre forme dell’estremismo islamico radicale. Il problema del terrorismo islamico complica continuamente la vita della comunità islamica. La miseria, la disoccupazione, la corruzione, l’arbitrio delle autorità persino sullo sfondo russo raggiunge livelli mai visti nelle repubbliche del Caucaso del Nord con una prevalente popolazione islamica. L’Islam in queste circostanze diventa il fondamento ideologico di movimenti di opposizione. Tra questi oppositori ci sono gli estremisti, ci sono anche i combattenti moderati per correggere la situazione. Ma per le autorità tutti questi sono “terroristi”, “estremisti”, wahabiti. Con tutti loro viene condotta una lotta senza compromessi. Abitualmente le autorità federali sostengono questa lotta, ma persino loro sono costretti a trattenere gli autocrati locali. Le comunicazioni continue sugli atti terroristici e altre manifestazioni di violenza, l’afflusso di operai emigranti musulmani dal Caucaso del Nord e dai paesi della CSI suscitano la crescita dell’intolleranza verso l’islam presso ampie fasce della popolazione russa. Le inchieste mostrano una crescita continua dell’inimicizia verso l’islam.
Di conseguenza le autorità federali e le autorità delle repubbliche nazionali con una mano concedono all’islam ufficiale diritti suplettivi e privilegi, riconoscendo le direzioni dei mufti come conservatori della cultura e spiritualità di molti popoli della Russia, e dall’altra, desiderando assicurarsi contro estremisti reali o immaginari cercano di mettere sotto controllo e limitare la libertà delle loro azioni. Nelle regioni russe abitate prevalentemente dai russi, la cosa non giunge a una politica tanto complessa e contraddittoria e le autorità locali (ad esempio Voronež Vladimir, Vladivostok) impediscono direttamente la formazione di comunità islamiche, la loro registrazione, la costruzione di moschee.
L’ideologia dell’ortodossia russa contemporanea e lo stesso insegnamento dell’islam creano a molte nazionalità situazioni complesse di principi per il soddisfacimento delle loro aspirazioni nazionali. La COR contemporanea è permeata dalle idee del nazionalismo russo della difesa dei valori etnici russi e della statalità russa. Tradizionalmente le minoranze etniche ortodosse come i mari, gli udmurti, cuvaši, kareli, mordvni, jakuti, chakasi si sentono poco comodi in una tale atmosfera. L’aspirazione ad affermare la propria identità etnica, risuscitare la cultura, la lingua e l’autocoscienza non trova soddisfazione nella COR. Nell’ambito l’opinione pubblica nazionale preoccupata sorge l’aspirazione al consolidamento religioso fuori le fila della “chiesa russa”. Più evidenti coi movimenti nazionali religiosi di questo genere diventarono i tentativi di resuscitare le credenze pagane precristiane. Presso i mari, udmurti, jakuti, chakasi, i poco numerosi popoli del Nord e dell’Estremo Oriente la cristianizzazione ortodossa fu compiuta tardi e superficialmente. Le credenze e le pratiche pagane si sono conservate relativamente complete e occupano un posto evidente nella coscienza popolare.
Negli ultimi 15 anni l’ideologia pagana ha registrato una maggiore influenza sulla vita dei mari, udmurti e jakuti. Perciò soffermiamoci su quei tratti generali che ha manifestati il movimento pagano presso questi tre popoli. Tutti questi tre popoli, pagani fino all’arrivo dei russi, fino al 1917 furono sottoposti alla cristianizzazione, inoltre per gran parte della loro permanenza nell’ambito della Russia – fu una cristianizzazione imposta con la violenza. All’inizio del XX secolo credenze pagane si trovavano presso una parte notevole della popolazione agricola a livello patriarcale e si era conservata una vita religiosa pagana regolare. Il potere sovietico l’aveva repressa e in misura notevole distrutta. Tuttavia gli ultimi quindici anni hanno dimostrato il fatto che il paganesimo è vivo nella coscienza di parte notevole dei mari, udmurti e jakuti. Molti rappresentanti della intelligencja nazionale orientata hanno visto nel paganesimo un’ideologia capace di consolidare la nazione e salvarla dalla russificazione. Già alla fine degli anni ’80 si sono formate in modo strutturato le prime organizzazioni culturali, sociali e politiche che sostengono il paganesimo.
Nel Mari-El pioniere di questa vicenda divenne la organizzazione creativa nazionale orientata della gioventù “Uvij”, sorta nel 1989, la prima che ha chiamato a ritornare alla fede degli avi. Nel 1992 fu creata l’organizzazione sociale dirigente del popolo Mari “Mari Ušem”, il cui programma dall’inizio stesso incluse i punti sulla rinascita della fede popolare mari. La rinascita culturale nazionale del popolo mari da quel momento si sviluppo con parole d’ordine pagane.
Malgrado il fatto che l’idea della rinascita della nazione sostenuta dall’opinione pubblica mari nell’ambito della spiritualità pagana presuppone sia l’azione politica sia la partecipazione alla creazione di una struttura effettiva di una vera organizzazione religiosa pagana, in questi due settori chiave i successi non sono stati grandi. I tentativi di creare partiti politici pagani si sono conclusi con la formazione di alcuni piccoli raggruppamenti marginali di carattere nazionalista radicale. Non hanno influenza sulla vita religiosa della repubblica.
Tutti gli sforzi del movimento nazionale mari orientato in modo pagano di iniziare la creazione di una organizzazione religiosa centralizzata e strutturata hanno avuto un successo solo assai modesto. Nel 1991 per iniziativa dello scrittore popolare Aleksandr Michajlovic Juzekajn fu creata e registrata per la prima volta l’organizzazione religiosa “Ošmarij – Cimarij” Juzekajn si proclamò sacerdote supremo. Juzekajn non poté creare una organizzazione vitale. Malgrado il fatto che egli rappresentasse ufficialmente il paganesimo nelle diverse organizzazioni e alle manifestazioni di massa, molti pagani non riconobbero la sua autorità. Dopo la morte nel 1996 di Juzekajn l’Ošmarij – Cimarij fu diretta da Aleksandr Danilov ancor meno autorevole. Di fatto Ošmarij – Cimarij si è trasformata in una organizzazione del tipo “tavola rotonda”, ombrello di differenti manifestazioni che sono organizzate a volte formalmente da organizzazioni non religiose come Mari Ušem, a volte dalle autorità della repubblica. Alla fine degli anni Novanta si è formato il Consiglio del “Karti” cioè dei 13 più influenti sacerdoti (tutti questi non sono intellettuali, ma abitanti campagnoli che conoscono meglio il rito). Questo consiglio si riunisce alcune volte all’anno sotto il tetto dell’ Ošmarij – Cimarij . Ma di solito i Karti (sacerdoti) abbastanza numerosi nella repubblica non sono propensi ad alcuna forma di manifestazione, formalizzazione della propria attività. Essi non si fidano troppo degli intellettuali cittadini e persino la capiscono male. “Mari Ušem” contribuisce a diverse forme di contatto fra gli esponenti religiosi, essa organizza le elezioni del kart supremo, il leader formale religioso dei pagani. Tuttavia una vera influenza del paganesimo religioso agricolo, patriarcale, informale col “paganesimo” cittadino della intelligencija cittadina nazionale e orientata (che rappresenta alla sua base non una religione, ma l’ideologia della rinascita nazionale) non è avvenuta.
Nella Udmurtija la rinascita del paganesimo, a differenza del Mari-El, all’inizio, benché si sviluppasse sullo sfondo del movimento della rinascita nazionale, non era collegato con esso organizzativamente. Questo era un movimento religioso autonomo che esisteva indipendentemente dalle organizzazioni politico sociali del popolo udmurto. Malgrado che fra la popolazione campagnola si conservino le credenze antico udmurte, la creazione di un paganesimo intellettual cittadino formalizzato ufficialmente fu un passo di principio, tanto più che il paganesimo udmurto prima non conosceva nessuna forma di associazione di massa. Nel 1990 un gruppo di intellettuali di Iževsk – artisti, scrittori, studiosi, imprenditori – si riunirono nella comunità dei pagani dell’Udmurtija – Udmurt Vesšc. Il capo dei pagani udmurti, sacerdote onorario, fu eletto l’artista popolare dell’Udmurtija Semen Vinogradov, che era stato per lunghi anni uno dei dirigenti dell’organizzazione udmurta dell’Unione degli artisti. In 12 anni di esistenza dell’Udmurt Vesšc il suo numero non ha mai superato 25 persone. Questa “organizzazione religiosa” rappresenta piuttosto l’unione degli ideologi del paganesimo che una comunità religiosa., I soci della Udmurt Vesšc hanno fatto molto per la rinascita del paganesimo agricolo patriarcale non organizzato nella repubblica e per la diffusione delle sue idee fra gli intellettuali udmurti. Malgrado la sua debolezza organizzativa e la stentatezza del movimento neopagano, alla fine degli anni Novanta ha conquistato i cuori di gran parte degli udmurti orientati nazionalmente. Persino coloro che non sono diventati pagani credenti, hanno incominciato a seguire i riti pagani e hanno trovato rispetto e interesse per la mitologia pagana.
Di fatto il movimento nazionale del popolo udmurto e il movimento pagano si sono lentamente avvicinati nel corso degli anni Ottanta. L’espressione fondamentale degli interessi politici del popolo udmurto è l’associazione panudmurta “Udmurt Keneš”. All’inizio degli anni Novanta “Udmurt Keneš” non aveva alcun orientamento religioso e collaborava con l’amministrazione del Presidente della repubblica Aleksandr Valkov, russo di nazionalità. Valkov per un certo tempo giocò con il movimento nazionale udmurto dichiarando il suo sostegno e promettendo aiuti materiali. Tuttavia l’aiuto fu poco consistente mentre Valkov cercava di controllare il movimento nazionale udmurto e persino manipolarlo. Press’a poco nel 1997 i rapporti fra le organizzazioni nazionali udmurte e le autorità repubblicane si guastarono definitivamente. Sull’onda di questo contrasto “Udmurt Keneš” proclamò il paganesimo la propria ideologia ufficiale nel suo congresso del 1998. Il legame ideale del paganesimo con l’ “Udmurt Keneš” è predeterminato dall’inizio. Gli attivisti di “Keneš” se nella sua maggioranza non erano pagani praticanti perlomeno simpatizzavano con il paganesimo. La logica dello sviluppo dei movimenti nazionali politici e religiosi portò inevitabilmente alla loro confluenza.La situazione religiosa postsovietica nella Jakutija ha molte analogie con le repubbliche finnougre del lungovolga, Mari-El e Udmurtija. In tutte queste regioni della Russia con due religioni fondamentali, che lottano per l’anima dei cittadini, ai nostri giorni appaiono il paganesimo nazionale e l’ortodossia. Tuttavia la situazione jakuta per molti aspetti è assai più unica. I popoli del Lungovolga che hanno conservato, in assai minor grado, la conoscenza pagana, dal XVII-XVIII sono stati sottoposti ad una intensa russificazione (e quindi europeizzazione) e cristianizzazione. La concezione del mondo dei popoli del Volga, persino di quei suoi rappresentanti che ora si considerano pagani, si è formato da alcune generazioni di scuola russa e di influenza multisecolare del cristianesimo. I leaders del movimento neopagano in queste repubbliche ricostruiscono piuttosto una ideologia scomparsa sulla base dei concetti europei(geneticamente cristiani) in risposta alla aspirazione esistente nella società verso la rinascita nazionale che conservano e risuscitano qualcosa già esistente.
Non è così nell’Jakutija. L’influsso russo e cristiano non è stato così prolungato e penetrante. Il paganesimo si è conservato qui assai meglio. Ancora alla metà degli anni Ottanta gli attuali leaders dei pagani jakuti Lazar Afanas’ev, Ivan Uchchan (Nikolaev), Anatolij Pavlov hanno incominciato a creare la propria ideologia e la loro opinioni pubblica che si contrappone oggi in modo multiforme all’autorità repubblicana russa. Nel 1993 i neopagani hanno creato e hanno registrato ufficialmente una organizzazione religiosa neopagana “Kut – Sjur”. Formalmente in essa entra un piccolo numero di ideologi intellettuali, ma a questa senza un successo sensibile non riesce propagandare le sue concezioni. Inoltre il loro scopo fondamentale è riorientare ampliamente il movimento diffuso e sostenuto dalle autorità per la conservazione della cultura e delle tradizioni nazionali (che le autorità cercano di trasformare in un movimento puramente laico) nell’alveo religioso.
In seguito all’attività del “Kut-Sjur” i programmi per lo studio della cultura nazionale nelle scuole medie hanno incominciato ad acquistare un indirizzo pagano. Da qualche parte i direttori delle scuole impostarono “la costruzione di “Ajyy” (essenzialmente tabernacoli pagani). Il collegio della cultura che prepara direttori delle Case della Cultura, di fatto si trasformò in un centro per la preparazione di specialisti per la celebrazione di riti, preghiere e feste pagane. Inoltre avvenne questo del tutto coscientemente. Il direttore del collegio William Jakovlev pensò di ricreare non il folclore (come gli attribuisce il ministero della cultura), ma una religione.
Il movimento neopagano non si limita ai problemi religiosi. Contemporaneamente con “Kut- Sjur” fu creato il partito politico “Sacha kaskele”, che è diretto dal vicino compagno di lotta di Afanas’ev il giornalista Ivan Uchchan (Nikolaev). Il programma di questo partito presuppone la trasformazione dell’Jakutija in una repubblica nazionale del popolo jakuto che si trovi con la Russia in rapporti confederali sia l’affermazione delle identità pagana jakuta in tutte le sfere della vita, il riorientamento del sistema di istruzione sulle tradizioni nazionali, e nell’economia, la rinascita delle forme tradizionali dell’economia. In appena sei anni di esistenza organizzata il movimento neopagano ha raggiunto notevoli successi. In alcuni villaggi jakuti cresce la non accettazione del cristianesimo (il vescovo German mi ha raccontato che negli ultimi 2-3 anni in certe parti gli jakuti si rifiutano di ascoltare i missionari cristiani e persino si rifiutano di farli entrare nei loro villaggi). Nei villaggi nell’alveo della rinascita dei riti nazionali e delle feste a poco a poco sorgono le case di Ajyy e le jurty di Ajyy.
Numericamente “Kut – Sjur” quasi non è cresciuto, ma come funghi dopo le piogge sono sorte sempre nuove organizzazioni, klubs e seminari del neopaganesimo jakuto.
Il movimento politico neopagano si è sviluppato drammaticamente. Le autorità della repubblica dall’inizio stesso della sua esistenza si atteggiano come a un movimento radicale nazionalistico e perciò pericoloso. Contro di esso si intraprendono continuamente due mezzi di pressione, si è cercato di ridurlo alla ragione, di integrarlo nelle strutture del potere, e dall’altro lato, di impiegare repressioni dirette.
Uchchan nel 1993 – 1997 era membro del Consiglio Consultivo presso il presidente, alle cui riunioni si fece un nome per la rudezza delle sue espressioni. Ci furono ancora alcuni tentativi di mettere al passo i capi dei pagani. Ma rimasero sordi agli appelli ad entrare nello establishment jakuto. D’altra parte, dalle autorità furono organizzate ripetutamente grandi campagne con i mezzi di comunicazione di massa contro la diffusione del neopaganesimo. A Uchchan e Afanas’ev i rappresentanti del potere minacciarono ogni genere di noie se essi non avessero ammorbidito le loro posizioni, alcune delle loro iniziative furono proibite.
Nel 1997 la politica della carota fu interrotta, rimase solo la politica del bastone. Nel dicembre 1996 si tennero le elezioni del presidente della repubblica jakuta. Prima di queste elezioni il presidente M. Nikolaev si incontrò con gli attivisti del “Sacha keskale”, in corrispondenza con la sua strategia elettorale cercò di ottenere il consenso di tutte le forze socialmente significative della repubblica. A questo incontro (secondo le parole di Uchchan dette all’autore di questo articolo in una intervista concessa nel luglio 1999), Nikolaev promise di sostenere alcune richieste di principio del “Sacha keskale”, collegate con il riorientamento della politica educativa e culturale verso “i valori nazionali”, l’ecologia e la rinascita delle forme tradizionali della condizione economica. Dopo questo la “Sacha keskale” sostenne M. Nikolaev alle elezioni.
Alle elezioni del 1997 all’ Il Tumen (il parlamento della Jakutija) i neopagani intervennero come avversari inconciliabili con le autorità esistenti. Alcuni loro fautori furono eletti. I neopagani dopo di ciò divennero la seconda forza di opposizione nel parlamento dopo i comunisti.
Dopo di questo le autorità assunsero una posizione inconciliabile verso la “Sacha keskale” e Kut – Sjur. Uchchan fu estromesso dal Consiglio Consultivo presso il presidente, ogni contatto dei capi del “Sacha keskale” e Kut – Sjur con le autorità fu interrotto. Le autorità tramite minacce agli sponsor (secondo le parole di Uchchan) ridussero “Sachada”, organo del “Sacha keskale” al fallimento, Lazar Afanas’ev fu umiliato all’Istituto Umanistico dove lavorava dalla carica di direttore del laboratorio a quello di tecnico.
Nello stesso tempo “i nazionali” cioè i valori pagani ricevono sempre più diffusione nel popolo. In risposta a questo le autorità, reprimendo l’ala più radicale e di principio nella personificazione della “Sacha keskale” e Kut – Sjur, vanno sempre più incontro ad un movimento nazionale caotico e disorganizzato. In pratica si interrompono i tentativi di fermare la diffusione dell’insegnamento Ajyy, le autorità si mettono in contatto con le nuove organizzazioni neopagane sorte nel 1997-1999.
Mi sono soffermato sullo sviluppo del paganesimo nelle tre repubbliche dove esso possiede la maggiore influenza. In tutti e tre i casi si osservano alcune leggi generali (bisogna osservare che nella Cuvaša, Chakasija, Altaj la situazione è assai simile). Alla testa di tutti questi movimenti pagani stanno i rappresentanti dell’intelligencija creativa. In tutti i casi i capi del movimento cercano di creare organizzazioni religiose centralizzate col loro culto formalizzato e con la dottrina scritta. E in tutti i casi questo non gli riesce, il paganesimo benché si sviluppi, ma spontaneamente, in modo non organizzato, la sua dottrina e culto non si riesce a formalizzarle. Inoltre, in quanto religione esso raggiunge i maggiori successi nelle località agricole, fra il contadiname patriarcale. Nella popolazione urbana il paganesimo è più una ideologia di rinascita nazionale che una religione.
Dappertutto i capi del movimento pagano aspirano al successo politico, ma in nessun luogo riescono a creare partiti politici effettivi (ad eccezione di un relativo successo del Sacha keskele nell’Jakutija). Nello stesso tempo la ideologia pagana diventa la base di organizzazioni nazionali social culturali dirigenti. I valori pagani, i simboli e alcuni ideologismi ricevono un’ampia diffusione. Una posizione apertamente pro ortodossa diretta alla lotta contro le organizzazioni pagane della Jakutija l’ha assunta Vjaceslav Štyrov, eletto il 13 gennaio 2002. L’amministrazione del presidente jakuto mantiene i rapporti in modo particolare con l’eparchia ortodossa, considerando l’ortodossia come la principale religione tradizionale nella repubblica. I rappresentanti delle organizzazioni pagane cessarono la partecipazione delle conferenze interreligiose che si tenevano presso il presidente della Jakutija. La casa della spiritualità della cultura nazionale jakuta è stata costruita su iniziativa e con la partecipazione delle organizzazioni pagane, Sacha keskale e Kut – Sjur, è stata trasmessa al dipartimento cittadino della cultura di Jakutsk, e gli attivisti Kut – Sjur furono estromessi. Di fatto nella casa della spiritualità fu dislocata una solita sede della cultura. Nel 2003 dopo una serie di interventi di opposizione sulla stampa uno degli ideologi del paganesimo jakuto Ivan Uchchan fu estromesso dalla conduzione di un programma sulla TV locale e licenziato dal lavoro. Nel 2003 fu anche chiuso il giornale dell’organizzazione Sacha keskale “Sachada”.
Gli attivisti della Sacha keskale e kut – Sjur chiedono che sia restituita loro la Casa della Spiritualità della cultura nazionale jakuta che fu progettata come centro religioso ancora all’inizio degli anni Novanta. Con Štyrov come pensa Ivan Uchchan, “al potere sono arrivati i russi e tutti i diritti dell’Jakutija sono stati di nuovo trasferiti a Mosca poiché è avvenuta la centralizzazione del potere. Lo sviluppo della cultura nazionale al nuovo potere non interessa”.
Il paganesimo è una religione che è diventata il simbolo della rinascita nazionale di alcuni popoli della Russia. Ma diventando simbolo, essa non può rimanere solo un simbolo. I suoi valori incominciano a vivere di vita propria. Il sistema pagano dei valori presuppone una società patriarcale come ideale, la divinizzazione della natura, inimicizia verso il progresso tecnico, la cosiddetta “globalizzazione”. Questo sistema di valori oggettivamente entra in contraddizione con l’esigenza della modernizzazione, acutamente sentita dai popoli della Russia, il progresso economico, la edificazione di rapporti democratici e sociali basati sul diritto. Gli ideologi della rinascita neopagana rispondono in modo diverso a questa chiamata. Alcuni (i più coerenti sono i capi della Jakutija) diffondono in via di principio i valori pagani e considerano che proprio essi rappresentano la resistenza morale alla espansione aggressiva del cristianesimo e dell’islam con l’alternativa della capacità di resistenza alla civiltà consumistica creata dai cristiani.
L’uscita dall’ortodossia è diventata la reazione di massa politicamente sensibile delle minoranze nazionali al nazionalismo russo della COR. Ma questa non era l’unica reazione di tal genere. In questo rapporto è significativa la nascita tramite il sostegno dei movimenti nazionali delle chiese etniche luterane che sono viste come le più atte a conservare e sviluppare la religiosità, la cultura, la lingua e l’autocoscienza nazionale. Comunità nazionali luterane sono sorte in Karelia, Mordovia, Mari-El, Komi. In Karelia è sorta persino una chiesa evangelica luterana nazionale autonoma con due decine di parrocchie. Se i capi dei movimenti nazionali dei popoli tradizionalmente ortodossi sperimentano lo sconforto a causa del nazionalismo russo, i capi dei movimenti nazionali all’interno dell’islam sperimentano lo sconforto a causa dell’internazionalismo dell’islam. La rinascita religiosa, molto più debole, della rinascita nazionale presso la maggior parte dei popoli per molti aspetti si tiene e dipende dall’ultima. Fra i musulmani russi sorgono di continuo continue dispute sul territorio nazionale anche movimenti etnici separatisti. L’aspirazione a ritornare alle radici nazionali presso molti popoli ha portato alla nascita di un largo interesse verso le credenze religiose preislamiche dei loro popoli, benché fino alla nascita di movimenti pagani organizzati questa vicenda non è giunta. L’aspirazione più sensibile alla rinascita del paganesimo esiste presso i popoli montani occidentali del Caucaso del nord: adygej, circassi, kabardini.
Una funzione importante nella vita di questi popoli adygei l’assolve il codice della morale e dell’onore “adygechabze”, che ha fondamentalmente un’origine adygea. In molti casi questo codice si considera più importante degli usi musulmani e della shariah. In questo sistema di norme etiche un posto importante lo occupano le tradizioni del rispetto per gli anziani (“il potere dell’anziano è uguale al potere di Dio”), il culto degli antenati, la virtù militare (“da un guerriero adygej è difficile fare un mullah, come da un mullah turco fare un guerriero”), il rispetto dell’ospite, il culto della famiglia, e anche i riti legati al cibo (“il cibo è più importante del Corano”). Nei villaggi le antiche tradizioni popolari si sono conservate durante tutti gli anni del potere sovietico e si sono rafforzate sensibilmente negli ultimi anni. L’unico rito in cui in larga misura è forte la tradizione musulmana,rimangono i funerali (benché anche questo rito in una certa misura è completato da usi premusulmani). Un ricercatore contemporaneo della cultura adygea ed eminente uomo pubblico della Kabardino Balkarija Barazbi Bgažnokov osserva, ad esempio che l’etica adygea unisce nella sfera della sua influenza la coscienza religiosa e la sottomette.Questo fenomeno è attuale per tutti i periodi dello sviluppo storico degli adygei – circassi. L’Adyge – chabze possiede una tale grande funzione sociale e di costume nella Kabarda ed in altre regioni adygee che l’adygeismo fu proclamato una creazione di Dio. Secondo l’opinione di Bgažnokov, “nella coscienza della massa fondamentale della popolazione carcassa, questo modo di essere nel mondo è stato donato dall’Allah islamico o da Teha cristiano pagano così come dallo stesso Creatore sono stati dati ai popoli le sante scritture. Perciò si considera che l’uomo che non rispetta i comandamenti dell’adygeismo, attira sopra di sé l’ira dello stesso Dio. Sono diffuse opinioni del tipo “Quando le vostre anime lasceranno il corpo e si presenteranno di fronte ad Allah, egli chiederà con rimprovero “vi ho donato l’adygaghe affinché voi viviate in corrispondenza con le sue leggi, perché voi avete ignorato il mio dono?”. “In tal modo l’etica adygea è paragonabile ad una religione nazionale incrollabile che recepisce in modo leale e tollerante le religioni universali, islam e cristianesimo” (B. Ch. Bgažnokov, Adygskaja etika, Nal’cik, 1999, p. 84). A differenza dell’islam e dell’ortodossia il buddismo russo si include con difficoltà nella funzione di “religione tradizionale” dei popoli della Russia. Delle tre repubbliche nazionali, Burjatija, Kalmykija e Tuva solo a Tuva tutte le abbastanza significative organizzazioni buddiste si sono legate alla ideologia della rinascita nazionale.
La rinascita religiosa buddista nella Burjatija (come nelle altre repubbliche nazionali dove la rinascita religiosa e nazionale aiuta l’un l’altra e si amalgamano l’una con l’altra) si è trovata collegata con il movimento della rinascita nazionale del popolo burjato. E’ interessante un’altra cosa: questo legame si è affermato non subito, esso non è così uniforme anche fra i buddisti burjati appartenenti ad esso. I movimenti nazionale e religioso del popolo burjato hanno trovato la loro espressione nel Chambo – Lama Dambe Ajušeev, eletto capo della CDUB nel 1995 e da allora l’ha diretta ininterrottamente. Ajušeev ha acquistato una grande autorità e fu eletto Ch’ambo – Lama dopo di che ha diretto e ricreato il dacan (monastero) di Baldan – Brecdunsk vicino Kjachta, in una regione buddista tradizionale della Burjatija. Ajušeev riformò il CDUB, cambiò il suo nome nel Sanchu Buddista Tradizionale della Russia (TBSR) e ottenne l’approvazione di un nuovo statuto. In corrispondenza con lui il Ch’ambo – Lama mise sotto il suo controllo amministrativo e finanziario i dacani ciò che garantì alla TBSR il potere sul clero buddista.
L’organizzazione centralizzata del Sanchi è stata fondata sulla sottomissione dei dacani (monasteri buddisti), perciò Ajušeev fa molta attenzione all’educazione e l’istruzione dei monaci, al ristabilimento della tradizione monastica in Burjatija. Nel 2004 sotto la giurisdizione del TBSR si trovano 26 dacani.
Ajušeev chiede ai suoi sottoposti non solo una disciplina amministrativa, ma anche ideologica. Avendo diretto la Sangcha tradizionale, Ajušeev assume una posizione dura in rapporto alle prediche del buddismo solo della scuola Gelug. “Il Sangcha, a suo parere, è il Gelug”, perciò verso tutte le altre correnti e scuole del buddismo come la Dzen – buddismo oppure il Kama – kagju, la Sangcha deve atteggiarsi come “l’ortodossia verso gli avventisti”.
La Sangcha Tradizionale divenne l’unione fondamentale dei buddisti e di quella organizzazione che divenne l’espressione delle idee della rinascita nazionale e religiosa dei burlati dell’Oltre Bajkal. Un grande significato Ajušeev lo attribuisce alla rinascita delle tradizioni popolari buddiste nella Burjatija, che a suo parere, sono legate indissolubilmente con la Sangcha Tradizionale e la scuola di Gelug. Suo compito principale Ajušeev pensa sia l’attrazione del maggior numero di Burjati nelle forme popolari tradizionali della devozione buddista popolare, la partecipazione ai rituali, l’aiuto astrologico, la medicina tibetana, le preghiere, l’ottenimento dei precetti morali. Il fatto che il buddismo degli europei, la meditazione e lo studio della filosofia buddista Ajušeev non li considera nella vita della Sangcha un indirizzo prioritario. “La gente che si occupa della meditazione sono persone istruite che hanno la possibilità di riunirsi regolarmente, ascoltare le lezioni – non sono più di 500 persone della popolazione urbana laica di tutta la Burjatija, di loro se ne occupano fondamentalmente i maestri tibetani. Questi sono tutti intellettuali, e gli intellettuali come ci insegna la storia, vanno bene nelle rivoluzioni ovunque incominciano ad avere una sensibile funzione”.
Ajušeev non valuta molto il buddismo dei russi e in generale degli europei (“essi seguono mezzi e metodi, ma sono lontani dall’essenza, chi dei russi vuole effettivamente raggiungere la profondità diventano allievi nei nostri dacani e non cercano di insegnarci”) e non saluta molto la conversione dei russi al buddismo Ajušeev si schiera per il servizio nei monasteri in lingua burjata, e, in misura minore, in tibetano. Questo porta al fatto che molti cittadini parlanti il russo, fra cui i rappresentanti degli intellettuali burjati, che conoscono male la propria lingua si trovano ad essere estranei nella Sangcha Tradizionale. Ajušeev si considera non solo un leader religioso ma anche nazionale che è capace di essere il difensore e il portatore degli interessi del popolo burjato. La TBSR è un fedele fautore del potere federale. Ajušeev cerca di basarsi sul potere federale e ripone le sue speranze sul fatto che la Sangcha Tradizionale unirà tutti i buddisti della Russia che appartengono alla scuola Gelug. Secondo Ajušeev il governo federale è interessato all’esistenza di una associazione dei buddisti forte organizzativamente e monolitica idealmente, tradizionalmente non solo leale, e fedele a Mosca. La TBSR aspira a diffondere la sua influenza sugli abitanti degli Altaj, jakuti, chakasi, eventi (“i popoli originari della Siberia diventando buddisti nella Sangcha Tradizionale saranno russi convinti e per sempre scomparirà il terreno per il separatismo”). Ch’ambo – Lama Ajušeev è convinto anticomunista. Egli guarda con grande simpatia alla Russia zarista, con rispetto si riferisce agli zar russi (“io odio i comunisti, e amo gli zar. Con loro il buddismo nella Burjatija fiorì. Caterina la Grande ha creato l’istituto dei Ch’ambo – Lama e io sono fiero di essere il 25° Chanbo – Lama, diretto continuatore delle tradizioni di Caterina nel buddismo. Bisogna far rinascere il buddismo come era con gli zar”). Alle migliori tradizioni del passato in Ajušeev è legata anche la speranza sulle attuali autorità federali e sul Presidente V.V. Putin.
L’ideologia di Ajušeev è vicina alle ideologie di altri movimenti nazionali religiosi della Russia odierna. Essa rientra completamente nella concezione elaborata dai tecnologi politici dell’amministrazione presidenziale e del patriarcato di Mosca delle “religioni tradizionali”. Ma il buddismo burjato si è rivelato negli ultimi anni non solo in qualità di “religione” tradizionale e in questo consiste la sua particolarità. L’ideologia e i metodi della direzione della TBSR si è dimostrata inaccettabile per uno strato notevole dei buddisti della Burjatija.
Nel 1998 nella Sangcha è avvenuta la prima scissione che ha diretto il lama Nimazal Il’ic Iljuchinov che negli anni Ottanta era un auditore nel dacan di Ivolginsk e allievo del lama Pakule Rinpoce ambasciatore dell’India in Mongolia. All’inizio stesso della ristrutturazione Iljuchinov partecipò attivamente nel movimento democratico, era membro dell’unione cristiana buddista (sezione dell’Unione Democratico cristiana nella Burjata), nel 1996 prese parte alle elezioni alla Duma di Stato da parte delle forze democratiche. Iljuchinov crede che il buddismo può e deve diventare la base spirituale dello sviluppo democratico della Burjatija.
A differenza di Ajušeev Iljuchinov riconosce il valore di altre scuole nel buddismo e le considera eretiche. Iljuchinov e i suoi compagni di lotta simpatizzano con il buddismo europeo e stabiliscono con lui legami multilaterali, riconoscendo il significato della concezione del mondo occidentale per il buddismo. Iljuchinov sostiene la rinascita dell’istruzione buddista con un legame più stretto col Tibet, coi maestri tibetani e il Dalaj Lama. Nel gennaio del 1998 a Mosca si tenne il “Congresso delle comunità buddiste in Russia” che creò di nuovo la Direzione Spirituale dei Buddisti della FR (DUB) e elesse come suo presidente Nimažapa Iljuchinov. La nuova struttura divenne un’associazione delle comunità autonome e indipendenti appartenenti alle diverse scuole nel buddismo. Lo stesso Iljuchinov si proclama fautore del movimento “Rimej” che ha accettato tutti gli indirizzi del buddismo tibetano. Nel DUB sul territorio della Burjatija (ci sono anche alcune comunità DUB nella Russia europea che sono composte sostanzialmente di russi) entrano alcune comunità tradizionali della scuola Gelug. Il suo centro è la comunità Doharma a Ulan – Ude che è composta fondamentalmente di gioventù burjata intellettuale.
A Iljuchinov si sono uniti i burjati seguaci di Dandoron. Essi hanno creato la comunità di Dzogcen (Dzogcen è la pratica e l’insegnamento che lo ha fondato, rappresentate in tutte le scuole del buddismo tibetano.
Alla metà del 1999 la TBSR fu sconvolta da una nuova scissione. La promosse il lama Danzan Chajbzun (Fedor Sergeevic Samaev. Samaev era ancora ideologicamente più lontano dalla posizione di Ajušeev che di Iljuchinov. Da una parte, egli era un burjato occidentale che apparteneva alla tradizione della simbiosi del buddismo con lo sciamanesimo. Il conflitto dei burjati occidentali con Ajušeev era inevitabile a causa dell’inimicizia dell’ultimo verso la loro cultura religiosa. Samaev predica conseguentemente la necessità di questa simbiosi (“per il buddismo la simbiosi con la cultura spirituale tradizionale del popolo è un fenomeno organico; la lotta di Ajušeev con le manifestazioni dello sciamanesimo nel buddismo burjato è un semplice autoinstupidimento”). Nella pratica religiosa dell “Majdar” si utilizzano i riti sia buddisti sia lamaisti. Dall’altra parte, Samaev ha terminato l’Università di San Pietroburgo inoltre egli ha ricevuto l’istruzione spirituale superiore a Ulan Ude e in India) e nel 1990-1997 fu il superiore del dacan di Pietroburgo. L’ambiente buddista russo per lui è vicino e comprensibile. Samaev sostiene attivi contatti con i buddisti europei, in particolare su invito di Samaev, nella Burjatija è venuto un lama europeo dei più raffinati, il presidente dell’Unione Europea dei buddisti il lama francese Denis Tendroupe.
Nel 1999 Samaev guidò la ribellione di tre dacani contro “la dittatura di Ajušeev”. Il maggiore di loro è il dacan Acatsk (il capo è Tuvan-Darži Ampilov). Nel 1999 questi dacani costituirono la base dell’organizzazione centralizzata “Majdar”. Nell’ottobre 1999 Samaev dichiarò che la creazione di Majdar avveniva al fine di difendersi dal Chamba-Lama che avrebbe potuto, usando la legislazione russa, cacciare e nominare i capi di questi dacani. Inoltre, se i nuovi dacani, saranno a Omsk oppure ad esempio a Chabarovsk, così non cadranno sotto la legge della regola della registrazione annuale nel corso di 15 anni, ma saranno difesi dalla protezione di una organizzazione religiosa centralizzata.
Samaev interviene in linea di principio contro il legame del buddismo burjato e il movimento nazionale poiché considera questa unione inammissibile (“ch’ambo-lama ha riunito assieme gli interessi della nazione e della religione, ma questa unione è innaturale”). Il capo del “Majdar” si atteggia lealmente verso il governo Patapov. “configgere con le autorità non è secondo il buddismo”. Secondo l’opinione di Samaev, Potapov è leale verso il buddismo, ma in tutti i conflitti è colpevole Ch’ambo-lama Ajušeev. Nel contrasto di Ajušeev e Potapov a proposito dell’invio dell’ “Atlante della medicina tibetana” negli USA Samaev era fautore dell’invio dell’Atlante oltre confine poiché, secondo le sue parole, questo avrebbe contribuito all’ampliamento dei contatti internazionali dei buddisti della Burjatija.
Al confine di Ulan Ude il lama Samaev ha creato il centro “Majdar” dove ha organizzato l’Accademia Spirituale Buddista e il centro ecologico illuminista “Origun” che assieme agli americani e agli europei si occupa fondamentalmente di problemi ecologici della Burjatija. Samaev sostiene contemporaneamente l’opposizione di Ajušeev nei dacani tradizionali della Burjatija e attrae a se i seguaci dalla Russia. Nella liturgia utilizza ampiamente la lingua russa. Nella Kalmykija i tentativi di creare una nuova organizzazione buddista centralizzata hanno avuto successo solo sulla carta: nella repubblica formalmente esistono due organizzazioni centralizzate, ma le comunità buddiste in pratica hanno una autonomia completa e la loro ideologia rappresenta un ampio spettro di opinioni.
L’ortodossia (sotto l’aspetto della COR), islam (sotto l’aspetto del Consiglio dei Mufti, CDUMR e KCNSK), il buddismo (sotto l’aspetto del TBSR) e il giudaismo (sotto l’aspetto delle due organizzazioni in competizione il Congresso delle comunità religiose ebraiche e delle organizzazioni della Russia e della Federazione delle comunità ebraiche della Russia) attualmente hanno uno status privilegiato nei rapporti con le autorità di tutti i livelli. All’inizio del 1999 su iniziativa delle COR queste organizzazioni religiose hanno formato il Consiglio Interreligioso della Russia (MSR), che si occupa del coordinamento della loro attività e dell’acquisizione di procacciatori dei comuni interessati davanti alle autorità. Uno degli interessi prioritari del MSR, la contrapposizione all’attività di proselitismo e missionaria delle “religioni non tradizionali”.
In queste circostanze una serie di confessioni cristiane che hanno tutti i requisiti per pretendere lo status di “religione tradizionale” hanno iniziato a chiederlo per sé. Il discorso va in primo luogo alle alleanze dei vecchi credenti, la chiesa apostolica armena (AAC), luterani, rappresentati da alcune giurisdizioni le maggiori delle quali sono la Chiesa evangelico luterana in Russia, in Ucraina, nel Kazachistan e nell’Asia centrale, l’ELC (che rappresenta la tradizione luterana tedesca e la Chiesa Evangelico-Luterana dell’Ingria (ELCI) (che rappresenta la tradizione finnica luterana) e la Chiesa Cattolica Romana.
I maggiori successi nella lotta per lo status di chiesa tradizionale lo ha raggiunto l’AAC. La diaspora armena che cresce in modo rapido, unita ed energica che ha inoltre la organizzazione sociale effettiva fra tutte le organizzazioni nazionali della Russia, l’Unione degli armeni in Russia che considera che il suo compito maggiore sia il sostegno alla chiesa nazionale, ha ottenuto che all’AAC nel 2005 si comportino quasi come una religione ufficiale “tradizionale”.
Da qualche parte a livello regionale essa lo ha persino ricevuto (nelle regioni di Krasnodar e Stavropol).
All’AAC non fanno impedimenti da nessuna parte alla sua attività, le danno facilmente edifici per la liturgia e la terra per la costruzione delle chiese, talvolta le danno aiuti materiali.
La lealtà delle autorità e delle chiese ufficialmente “tradizionali” verso l’AAC tuttavia ha la sua ragione principale non la difesa con successo dei suoi interessi a il fatto che essa è una confessione esclusivamente monoetnica, i rappresentanti degli altri etnos non passano a questa.
Particolare appare la condizione dei vecchi credenti la cui esistenza sia le autorità sia la COR hanno ignorato con successo fino al 2004. In pratica i vecchi credenti si sono scontrati con molte limitazioni, e a volte con discriminazioni dirette. Per la COR è difficile riconoscere la “vecchia fede” come “religione tradizionale” poiché l’elemento di principio della sua ideologia è l’affermazione che solo essa è portatrice della spiritualità e della cultura, la base della statualità del popolo russo. Dividere questa funzione con altre confessioni per lei, è come rinunciare alla primogenitura. Ma nel 2004 si è formata una situazione unica. Il nuovo capo della maggiore fratellanza vecchio credente (la fratellanza belokrinickaja il metropolita Adrian (Cetvergov) annunciò il nuovo corso dell’ “apertura” alla società. Una delle componenti di questo corso è stata l’apertura del dialogo con la COR. Il dialogo che si è iniziato con la COR ha coinciso con la dichiarazione di V. Putin sul desiderio della riunificazione dei vecchi credenti con la COR. Nel 2004-2005 i vecchi credenti hanno ricevuto il riconoscimento e il sostegno delle autorità (sia federali sia anche di molte regionali), quali essi non avevano mai avuto. Alcuni problemi collegati con la restituzione degli edifici delle chiese, con i permessi di costruzione, e in una serie di casi anche con l’aiuto finanziario, che non trovavano soluzione da anni, sono stati regolati. I capi dei vecchi credenti hanno fatto una serie di incontri coi vescovi della COR, per la prima volta nella storia si è iniziato il dialogo fra i capi dell’ortodossia e dei vecchi credenti. Tuttavia il futuro di questo dialogo suscita forti dubbi poiché le parti si pongono fini completamente differenti, la COR e le autorità sperano nella unificazione dei vecchi credenti con la chiesa ortodossa e i vecchi credenti attendono il superamento della discriminazione, l’ampliamento della loro missione e il riconoscimento dei loro diritti e interessi da parte della “confessione dominante” e dell’autorità laica. E’ impossibile perlomeno ora, raffigurarsi che i vecchi credenti rinuncino alla loro autonomia.Possono la COR e il potere riconoscere che il popolo russo ha due “confessioni tradizionali”?
In modo paradossale appare nei limiti della dottrina delle “religioni tradizionali” la posizione dei cattolici e luterani. Da un punto di vista formale fra le minoranze religiose proprio queste due confessioni prima di tutto hanno ricevuto lo status legale nello stato russo e devono essere riconosciute “tradizionali”. Ma se questo non avviene è per due ragioni fondamentali. In primo luogo, sia il cattolicesimo sia le chiese luterane attraggono una grande quantità di rappresentanti di quelle nazionalità (in primo luogo russi), che storicamente non appartenevano a queste chiese. Nello stesso tempo i tedeschi e i rappresentanti di altri popoli i cui avi erano cattolici e luterani continuano ad emigrare massicciamente dalla Russia. Il cattolicesimo e il luteranesimo letteralmente sotto i nostri occhi diventano russi nell’ELCI, ad esempio, si riconosce ufficialmente che solo i due terzi dei suoi parrocchiani sono finnici etnici. E la concezione delle “religioni tradizionali” riconosce solo le religioni etniche storiche come tradizionali. In secondo luogo la ideologia della COR, del clero islamico, delle autorità russe di oggi è permeata da sfiducia e intolleranza verso l’influenza ideale e religiosa occidentale. Il luteranesimo e, in particolare il cattolicesimo è recepito come una minaccia plurisecolare alla spiritualità e statalità russe.
Formalmente al livello di dichiarazioni al cattolicesimo e luteranesimo si riconosce lo status di religione nazionale per i polacchi, tedeschi ed alcuni altri popoli. Ma in pratica le comunità luterane e cattoliche hanno gli stessi diritti come le altre “religioni tradizionali”, solo in alcune regioni della Russia (ad esempio nelle regioni di Orenburg e Perm). Queste regioni dove il loro numero è notevole, e l’autorità essi l’hanno potuta avere subito dopo il crollo del potere sovietico, quando la dottrina delle “religioni tradizionali” ancora non era diventata la base della politica religiosa delle autorità e della COR.
L’opinione pubblica russa contemporanea proprio come il potere riconoscono i diritti di numerosi etnos russi per lo sviluppo della loro cultura, lingua e, in grado elevato, i loro interessi politici. Fra gli altri diritti etnici si riconosce anche il diritto alla professione della propria religione etnica. Il pluralismo religioso è visto come conseguenza del pluralismo culturale. In sostanza anche in questo consiste la dottrina delle “religioni tradizionali”. Le religioni che non sono scritte in questa dottrina sono sottoposte ad una discriminazione crescente negli ultimi anni. In primo luogo questo tocca i protestanti (la condizione dei cattolici di fatto è la stessa) poiché il protestantesimo in Russia si sviluppa in modo straordinariamente rapido.
Secondo la statistica ufficiale in Russia nel 2004 sono state registrate 10.767 comunità della COR, 3.397 comunità islamiche e 4.332 comunità protestanti. Inoltre bisogna considerare che molte denominazioni protestanti non si registrano per motivi di principio e a coloro che sono pronte a registrarsi glielo rifiutano spesso. Cosicché il numero reale delle comunità protestanti è notevolmente superiore. Inoltre al protestantesimo si convertono non solo i russi, ma anche i rappresentanti praticamente di tutti gli etnos che vivono in Russia. I popoli tradizionalmente musulmani non fanno eccezione. In Tataria e Baškiria al protestantesimo si convertono più tatari e baskiri di russi.
Fra alcuni popoli poco numerosi della Siberia il protestantesimo si diffonde così velocemente che in un futuro prossimo non è esclusa la possibilità che la maggioranza della popolazione di alcuni di questi popoli (korjaki, cukci) diventi protestante. Il protestantesimo russo contemporaneo attualmente vive il periodo doloroso del radicamento nella cultura russa e di altri popoli che ora compongono il suo gregge (problemi simili risolvono anche i cattolici russi ma da loro il processo non ha assunto un carattere così rapido). Sotto i nostri occhi nascono anche nuovi fenomeni culturali con la loro peculiare autocoscienza nazionale e culturale del luteranesimo russo e degli avventisti, dell’evangelismo e dell’avventismo tataro, del protestantesimo burlato ecc. Le crescenti comunità protestanti cominciano a capire la loro forza e sempre meno sono propensi a mostrare sottomissione verso le autorità. Nello stesso tempo la pressione su di loro negli ultimi anni si rafforza, rifiutano loro sempre più coerentemente la concessione di edifici per le liturgie, rifiutano di concedere terre per costruire, non li ammettono ai mezzi di comunicazione di massa, privano di visti gli oratori stranieri e li espellono dal paese, proibiscono di occuparsi di beneficenza e di opere sociali nei giardini d’infanzia, ospedali, carceri,. Ecc.
Nel luglio 2005 per la prima volta dopo la perestrojka gli avventisti di Mosca e Voronež hanno incominciato ad organizzare azioni pubbliche di protesta nelle strade contro la violazione dei loro diritti costituzionali. Si può considerare che queste azioni siano state il primo passo sulla via di un’aperta sfida dei protestanti contro l’arbitrio delle autorità.
Il corso politico dell’amministrazione di V. Putin diretto alla centralizzazione del potere, limitazione del potere delle regioni, limitazione di mezzi di comunicazione di massa e delle organizzazioni sociali, l’imposizione dell’uniformità nella vita politica, ha anche un orientamento in rapporto alla vita religiosa del paese. Questi orientamenti sono dati dalla concezione delle “religioni tradizionali”, che presuppongono il sostegno e l’ampia collaborazione con alcune organizzazioni religiose scelte dalle autorità. Queste organizzazioni leali con le autorità anche ideologicamente si posizionano come conservatrici storiche della spiritualità di alcuni etnos russi. Tutte le altre organizzazioni religiose sono sottoposte a discriminazione. Questa politica nel 2005 ha portato alla formazione di un grande potenziale di protesta sia nell’ambito delle “religioni non tradizionali” sia all’interno dei partner privilegiati eletti dalle autorità. Nei prossimi anni questo potenziale si rivelerà, anche nelle situazioni più inattese.
(traduzione di Renato Risaliti)