Alcuni momenti della mia traversata nel Salone del Libro di Torino
XXXV edizione/2023
Vengo a Torino al Salone del Libro fin dalla prima edizione, quando si svolgeva al Valentino. Tempi eroici. Ma ad un po’ di eroismo ho dovuto fare ricorso anche per questa ultima edizione, oramai attestata saldamente nei locali del Lingotto Fiere. Il fatto è che le date del Salone si sono incrociate con una perturbazione metereologica che ha colpito l’Italia (soprattutto funestamente in Romagna) che ha interessato tutto lo stivale compreso il Piemonte e la zona del torinese. Un weekend battuto ininterrottamente per 48 ore da una pioggia che non ha dato tregua. L’altro aspetto caratterizzante di questa edizione è stato una affluenza veramente da record. La lunga quanto esauriente nota stampa conclusiva della dirigenza del Salone parla di 215.000 presenze “attraverso lo Specchio”. Un aspetto senz’altro positivo, che ha avuto come effetto collaterale non altrettanto benigno il crearsi di una calca che ha reso problematico visitare i 573 stand e mettersi in coda in una delle iniziative ospitate dalle 48 sale. Va da sé che ha reso la situazione ancor più critica la mancanza di spazi all’aperto per la persistente pioggia. Ma nonostante tutto, immergersi fra i libri è stato, al solito, benefico e rigenerante. Non c’è Amazon che tenga quando ti trovi a tu per tu con i colori delle copertine, quando puoi sfogliare e dare una sbirciatina agli indici di qualsiasi libro. Questo è un mare dove l’acqua ti avvolge e fa sentire il suo sapore salino naturale. La calca mi ha impedito di scandagliare palchetto per palchetto il piccolo mare del Libraccio (scusate se faccio nome e cognome). Che poi tanto piccolo non era. Dato che occupava buona porzione della parte superiore del Padiglione 1. Sono in gran parte libri fuori catalogo. Un’orgia di libri. E’ stato un gran piacere vedere giovani donne (soprattutto loro) aggirarsi con fatica tra gli scaffali e fare lunghe code alla cassa con un cestino pieno di libri. Le avrei abbracciate una per una. Anche io, la maggior parte degli acquisti, li ho fatti lì. Mi perdonino tutti gli editori che hanno fatto sfoggio nei loro stand delle ultimissime novità.
Ma come è noto, il Salone offre anche altro. Incontri con gli autori, lezioni magistrali, dibattiti, tavole rotonde. Così ho potuto ascoltare Antonio Padellaro, presentando il suo ultimo libro “Confessioni di un ex elettore” edito da Paper First, spiegare perché non è andato a votare il 25 settembre scorso. Ed io ho potuto esternargli personalmente (al firma copie) il mio sconcerto per questa grave decisione, soprattutto per una persona par suo, così civilmente e politicamente impegnata.
Qualche ora dopo mi sono potuto immergere in tutt’altra atmosfera. Un dialogo sulle cose ultime e supreme. Vito Mancuso (teologo e filosofo) che presenta “Beati pauperes spiritu, Attualità di Meister Eckhart” (ed. Lindau) di Marco Vannini (mistico speculativo e filosofo). Un intenso corpo a corpo spirituale. Chi è Dio? Dio esiste? Se Dio è bene allora Dio esiste (Vannini citando Simone Weil). Pensare il male è pensare male (assunto del Vannini contestato da Mancuso). E il mistico speculativo fiorentino (massimo esperto mondiale di Meister Eckhart) ha così continuato: “Occorre raggiungere il fondo dell’anima per trovare il divino e vedere la luce. Ma per fare questa immersione, occorre sbarazzarsi di tutto. Togliere via. Distaccarsi. Come dice Plotino: ‘…fa come lo scultore di una statua che deve diventar bella. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine’ (Enneadi 1,6,9)”. Può capitare anche questo attraversando la marea del Salone. Salire sulle vette vertiginose dello spirito.
Ma può capitare di uscire delusi da un altro dialogo sulla carta molto promettente. Quello fra Javier Cercas e Bruno Arpaia su “Riscrivere la parola intellettuale”. Mi è sembrato che il due intellettuali non riuscissero a uscire dal proprio stato. Tanto egocentrismo e nessun battito d’ali. Ma un altro incontro emozionante è stato quello con Paolo Nori. Numerose sono le competenze di Paolo Nori. Professore di Lingua e Letteratura Russa, traduttore, scrittore. Io direi soprattutto un grande attore che si porta dietro tutte le competenze prima elencate. Sentirsi raccontare Anton Cechov da lui e come trovarsi in una isba a sorseggiare un tè accanto al brontolio del samovar in compagnia del grande medico e scrittore oppure a Yalta, quando, convalescente, scrive alla adorata moglie, l’attrice Olga Knipper. Per chi avesse voluto e potuto, altre sono state le occasioni per incontrare Paolo Nori al Salone con i suoi amatissimi poeti e scrittori russi: Anna Achmatova e Fedor Dostoevskij sopra tutti.
Altra indiscussa star del salone 2023 è stato Luciano Canfora. Vuoi per ascoltare per filo e per segno le vicende di Catilina e in filigrana il trapasso dalla repubblica romana all’impero (dietro le mosse e gli ideali di Catilina si possono leggere le future vicende di Cesare e la mutazione di regime a Roma), vuoi per interloquire con l’acume dello storico che lo distingue, di Costituzione Italiana e dei suoi “Tempi difficili” con Gustavo Zagrebelsky.
Con Enzo Bianchi, sollecitato dalle domande di Paolo Di Paolo, siamo tornati alle cose ultime. Per la precisione ad interrogarsi su “Cosa c’è di là”, titolo dell’ultimo libro del fondatore del Monastero di Bose edito da Il Mulino: un dialogo sulla morte. Argomento che tutti cerchiamo di evitare. Protagonista del dialogo torinese in realtà è stato l’amore. Quello del Cantico dei Cantici: “quia fortis est ut mors dilectio” (VIII, 6). Perché forte come la Morte è l’Amore. L’amore sconfigge la morte. La morte non sconfigge la vita. Perché l’adesione totale alla vita vanifica la morte. Perché l’aldilà è fatto con l’aldiquà. E ha insistito ancora Enzo Bianchi: quando uno ha amato, ha amato per l’eternità. Cristo è risorto perché ha amato e ama. Per questo imparare a vivere è come imparare a morire. Ed ha chiuso conseguentemente con una bella citazione da Rilke: “Signore, concedi a ciascuno la sua morte / frutto di quella vita / in cui trovò amore, senso e pena” (Libro d’ore. III, Il libro della povertà e della morte).
Molto più scanzonato il dialogo fra due grandi matematici: Piergiorgio Odifreddi e David Bessis.
L’argomento non poteva che essere la matematica. Non la matematica aborrita dalla quasi totalità di chi va a scuola, non quella che fa paura, che è tabù culturale, ma la matematica che è più bella che facile, che è astrazione e pensiero puro e con la quale si può intrattenere un rapporto intimo e gioioso.
Chiudo questa breve rassegna delle cose viste e ascoltate al Salone 2023, con una scrittrice lappone: Rosa Liksom e con il suo romanzo “Al di là del fiume” edito da Iperborea, la casa editrice fondata da Emilia Lodigiani nel 1987 con lo scopo di far conoscere in Italia la letteratura del Nord Europa, anche quella più remota. Operazione riuscita perfettamente se oggi possiamo leggere un romanzo che unisce la memoria storica (i tragici avvenimenti che interessarono i lapponi nel 1944 nel disastro epocale in cui era sprofondata l’Europa) con le vicende dei nostri giorni. Ponte e connessione tra la Seconda Guerra Mondiale con i profughi lapponi e oggi: gli sfollati, i rifugiati, quelli che devono scappare per sfuggire alle guerre continue e al cambiamento climatico. Magari portandosi dietro le mucche (o forse anche le renne) che sono il loro primo e (quasi) unico sostentamento. Fa bene leggere oggi un bel romanzo come quello di Rosa Liksom e grazie a Emilia Lodigiani che ci mette in condizione di farlo.
Giuseppe Picone
San Gimignano, 29 maggio 2023
Da qui puoi scaricare il testo (con le foto) in versione PDF.
Antonio Padellaro presenta “Confessioni di un ex elettore” (Paper First)
Il dialogo tra Vito Mancuso e Marco Vannini
L'incontro con Paolo Nori
L'intervento di Luciano Canfora
Chiacchiere e saluti con Enzo Bianchi
Rosa Liksom presenta “Al di là del fiume” con Emilia Lodigiani, fondatrice della casa editrice Iperborea
Lo stand della casa editrice Iperborea