Martedì, 22 Novembre 2022 01:31

Menzogna. Però scientifica

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L’inclinazione alla menzogna è tipica e distintiva dell’animo reazionario/conservatore. Ma che dire se vi si scorge un che di scientifico, organizzato, una vera e propria tecnologia della comunicazione? Si trattenga la rabbia, e ci si rivolga piuttosto all’incapacità, alla mancanza e dunque all’ignoranza di chi non sa farsi capire.

Menzogna. Però scientifica

 

Sarebbe un grave errore arrabbiarsi quando si ascoltano i vari Sallusti, Belpietro, Bocchino ecc. ecc. ecc. A tutta prima salta su il conato. Non è possibile mentire, rigirare le cose, spostare o evitare sistematicamente il tema del discorso (e di nuovo tanti ecc.) così spudoratamente.
Ma è troppo facile e ancor più sbagliato lasciarsi trasportare dal furore.
Non si tratta di menzogne ma di una comunicazione scientifica o ad arte, in ogni caso sorretta da una potente "tecnologia" comunicativa.

L’ascolto di termini ricorrenti, parole chiave, le loro risonanze nel contraddittorio, la loro assenza, l’attenzione al detto e al non detto, ai significati impliciti del discorso, a ciò che solo apparentemente cade nell'implicito, ma che proprio per questo dal discorso viene escluso (es. l'ostentazione di atlantismo, che cela e rivela un più fondamentale rifiuto dell'europeismo --quale grande occasione, questa guerra!), insomma tutto quello che "si fa col non dire", rendono evidente una strategia e un lavoro professionale, che duole dirlo: fa scuola.

Ora, se la facile rabbia in risposta agli inganni del discorso è l'errore, la cosa giusta da fare è una difficile opera di giudizio, un giudizio critico e ancor più autocritico. È quest'ultimo, naturalmente, il più dolente.

Ogni comunicazione ha un contenuto e a un destinatario. Questa gente ha davanti il destinatario, gli è ben presente, e gli va dato atto che con questo comunica. Dopodiché, accomoda il discorso di conseguenza --o per convenienza. Tutto è forma, propaganda, che i nostri, oggi all’opposizione, si bevono supinamente: ma non viene in mente a nessuno, per fare un esempio, che quando si dice "identitario" sarebbe più corretto dire "ideologico"? Beffa finale: "ideologico" è l'accusa di cui si viene tacciati dagli "identitari", che fin qui fanno bassa propaganda, cioè affermazioni vuote, disincarnate e meramente ideologiche.

Da parte nostra la comunicazione è invece delirante: il contenuto deraglia e i comunicatori si perdono nel vano tentativo di esprimere un contenuto tanto più preciso e particolare quante più comunicazioni vi si affastelleranno. Comunque la si voglia mettere, non diranno mai la stessa cosa. Ecco allora la Babele della comunicazione progressista. E il destinatario? Che ne è di chi ti regala il suo tempo per ascoltare ma non riesce a capire?

Di questo è necessario prendere atto per dare avvio all'autocritica: i dati non mancano e la crisi è epocale. A proposito dei dati, un punto fermo: l'assenza di presa del discorso sul reale, sulle persone, la mancanza di efficacia delle parole. Il discorso non produce effetti, le parole non costruiscono alcunché. Il vuoto pragmatico.

Com'è noto, il contenuto, oggetto e materia della comunicazione, non esiste in quanto idea ma in una forma. Di sicuro non si comunica da sé. Semmai, se di forme semplici non se ne trovano, bisognerà chiedersi se il problema non allochi nell'idea... Ma non è questo il punto.

La questione è, come si diceva, "tecnologica", nel senso che occorre un grande salto nel progresso delle forme della comunicazione. A chi tocca l'arduo compito? Per dirla con Dossetti, non si tratta di "rabberciare il presente", che in un batter d'ali della storia diverrà quello delle future generazioni, ma di convocare "giovani menti", oltre a far leggere questa vicenda a chi può farlo con occhi freschi. Di certo non è materia per "sopravvissuti".

 

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