Martedì, 14 Aprile 2020 00:48

Sergio Gomiti

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Con don Enzo Mazzi fin dalla fondazione della Comunità di base dell'Isolotto, con il quale ha condiviso la celebrazione della messa in piazza ogni domenica mattina. Il ricordo di Arnaldo Nesti e di un amico di veramente lunga data.

 

 

Una personalità da ricordare

Alla foto ricordo e al ricordo di amici dell'Isolotto, è doveroso associarsi, a prescindere da tutto, per rivolgere un caldo e commosso saluto a don Sergio Gomiti, personalità mite e forte e, a suo modo, architetto della storia del "caso" ecclesiale Isolotto.

Don Gomiti, pur con il suo atteggiamento formalmente ironico, ha rappresentato una pietra miliare di una storia novecentesca di un passato che non passa. Parlare di Gomiti significa parlare di un portabandiera cui dovranno guardare anche le future generazioni che vorranno leggere il cattolicesimo fiorentino, inquieto ma generoso, non convenzionale ma evangelicamente ispirato.

Mi spiace che la morte gli sia arrivata in questo tempo desolante. Forse, nei disegni della provvidenza, è avvenuto perché a Sergio si potesse "sistemare" con un bel funerale e... basta. A Sergio non si deve rivolgere dei luoghi comuni, delle preghiere devote e basta. Sergio pur defunto resta una figura viva, inquietante, che chiede di non sedere comodamente sul passato, "delle anime morte", dal suo luogo fra le stelle provoca ad alzare in alto lo sguardo, a tenere la spina dorsale ben dritta, per costruire proprio in un tempo di spaesamento, ex novo, il domani più fraterno, il domani di/per tutti.

(A.N.)

 

Sergio Gomiti ci ha lasciati

È un altro motivo di tristezza in un periodo drammatico come l'attuale.

L'ho conosciuto oltre 50 anni fa, al tempo delle note vicende della parrocchia dell'Isolotto, a cui quella della Casella, di cui era parroco Sergio, era strettamente collegata.

Si era in un'epoca in cui il vento del 68 alimentava tutti i movimenti di base, sia nella Chiesa che nelle fabbriche che nei quartieri, movimenti che spesso si intrecciavano fra loro.

La Casella era un punto di incontro di persone impegnate sui tre versanti.

E Sergio era un punto i riferimento per tutti/e loro.

Il suo agire in sintonia con Enzo Mazzi e Paolo Caciolli, parroco e vice-parroco dell'Isolotto, fece cadere anche su di lui gli strali del Cardinale Florit, che non tollerava che nella sua Diocesi si prendessero, da parte di preti di cui si considerava il "superiore", posizioni pubbliche in contrasto con le sue direttive (non allineate, ad esempio, con il suo anti-comunismo).

Mentre Enzo Mazzi, allontanato dalla parrocchia, andò a fare il maestro elementare, Sergio entrò a far parte della Cooperativa di Restauro del Libro, che operava in Biblioteca Nazionale (a restaurare i libri danneggiati dall'alluvione) e così io, che ero bibliotecario alla Nazionale, me lo ritrovai collega di lavoro (lo incontravo spesso nei corridoi dell'Istituto, nei momenti di pausa, alle assemblee sindacali). Oltre a continuare a vederlo, naturalmente,

  • alle Baracche Verdi - che erano divenute la sede della Comunità di base dell'Isolotto e dove spesso si riunivano il Comitato di Quartiere ed il coordinamento cittadino dei Comitati, in cui ero impegnato -,
  • nella piazza centrale del quartiere, dove per un lungo periodo si tenne ogni domenica una messa/assemblea con la presenza di preti, ed anche laici, provenienti da varie parti del mondo, solidali con l'esperienza isolottiana,
  • in iniziative culturali, sociali, politiche che vedevano anche l'impegno della Comunità.

Quando ci incontravamo, avevamo rapidi scambi di opinioni e di battute, in cui, con l'ironia che lo caratterizzava, era assai pungente.

E tutto ciò è proseguito anche da "pensionati", anche se meno di frequente (nelle Veglie di Natale, continuate ininterrotte dal 1968 ad oggi, nelle riunioni domenicali alle Baracche, a cui 5 o 6 volte l'anno partecipavo e per le quali Sergio era ancora un punto di riferimento).

Ciao Sergio, un ultimo saluto, reso ancor più triste dal fatto di non potertelo dare tutti/e insieme.

Moreno

 

 

 

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